Il formato IFC: cos’è? A cosa serve?

Formato IFC / BIM

Ad oggi, al di là delle problematiche di resistenza al cambiamento che sono trasversali in ogni settore, la difficoltà maggiore degli addetti ai lavori del settore BIM è la capacità di lavorare in maniera coordinata tra team, sia all’interno di una stessa organizzazione che tra diverse aziende.
È proprio per queste ragioni che l’uso del formato aperto IFC, Industry Foundation Classes, promosso dal concetto di openBIM, diventa fondamentale.

Immaginiamo di riunire in una stanza alcuni professionisti dell’industria delle costruzioni che lavorano abitualmente in BIM e proviamo con un’attività di brainstorming a definire in una parola il Building Information Modeling: le risposte saranno numerose e differenti l’una dall’altra, ma sicuramente spiccheranno sulle altre le parole “processo”, “collaborazione” e “interoperabilità”.

I concetti di collaborazione e interoperabilità sono tra gli aspetti-leva per promuovere la Digital Transformation e il BIM nel settore AEC, ovvero la possibilità di abbattere le barriere tecnologiche che impediscono a differenti professionisti di lavorare assieme in sinergia, migliorando l’intero processo lungo tutta la filiera.

Al momento, quindi, gli addetti ai lavori trovano difficoltà nel lavorare in maniera coordinata tra team, sia interni a una stessa organizzazione che di diverse aziende.

Tale problematica può essere scissa in due sottocategorie:

  1. La mancanza di un ambiente digitale che ospiti le attività. Una possibile risposta a questa esigenza la si può trovare negli Ambienti di Condivisione dei Dati (conosciuti anche come CDE – Common Data Environment) su cui abbiamo fatto un focus negli articoli precedenti.
  2. La difficoltà nella condivisione del lavoro è un problema di comunicazione tra Software. Gli addetti ai lavori hanno a disposizione un ventaglio molto ampio di software BIM da utilizzare per svolgere le proprie attività, ognuno con il proprio formato proprietario (Autodesk Revit, Archicad, Trible Tekla, ect.), non sempre leggibile da altri software.

La soluzione risiede nell’utilizzo di un formato aperto promosso dal concetto di openBIM, in particolare dal formato IFC, acronimo di Industry Foundation Classes.

OpenBIM: il concetto di processo inclusivo

Quando si parla di collaborazione nel mondo delle costruzioni è inevitabile parlare di BuildingSMART e di OpenBIM, il suo prodotto concettuale più illustre.

BuildingSMART International è un’organizzazione senza scopo di lucro che opera a livello internazionale attraverso il lavoro congiunto dei suoi capitoli nazionali. Obiettivo cardine di questa associazione è la promozione a livello mondiale della Digital Transformation dell’intero mondo delle costruzioni, attraverso l’adozione di standard che seguano gli asset a partire dall’idea iniziale lungo tutto il ciclo di vita.
Ciò come supporto non solo di progettisti e addetti ai lavori, ma anche di tutti coloro che si trovano a gestire e manutenere il costruito, fino ad arrivare alle fasi di dismissione e demolizione delle opere.

La finalità della rivoluzione digitale in atto è quella di rinnovare l’industria delle costruzioni attraverso procedure che consentano di migliorare la qualità del proprio lavoro, prevenire i rischi, monitorare i tempi e conseguentemente ridurre i costi.
La chiave per ottenere tutto questo si trova, per l’appunto, all’interno del processo collaborativo OpenBIM dalla definizione:

extends the benefits of BIM by improving the accessibility, usability, management and sustainability of digital data in the built asset industry”.

La strategia di fondo è la neutralità nei confronti di marchi commerciali di software, affinché sia possibile condividere fluidamente l’intero set informativo dei progetti e degli asset trasversalmente la filiera, tramite nuovi standard di comunicazione e di scambio dati.

In sintesi, OpenBIM punta a fornire un workflow standardizzato che vada a normalizzare i processi di trasmissione dei dati tra tutti gli stakeholder coinvolti nel processo, attraverso i concetti di:

  • Interoperabilità
  • Formato Aperto
  • Affidabilità
  • Collaborazione
  • Flessibilità
  • Sostenibilità.

Quando entra in gioco l’IFC?

Se da un lato, tramite i processi OpenBIM, BuildingSMART fornisce le linee guida della sua filosofia di trasformazione digitale, dall’altro è però necessario comprendere come sia possibile mettere in atto nel quotidiano i concetti teorici promossi dall’ente internazionale.

Linguaggio comune per l'interoperabilità
Il linguaggio comune alla base dell’interoperabilità

La trasposizione pratica avviene attraverso l’adozione di linguaggi aperti, comuni e standardizzati che vadano a tradurre (e quindi sostituire) i linguaggi di scrittura propri dei formati di file proprietari.
Al momento sono disponibili svariati formati aperti di interscambio, ognuno con peculiarità legate al loro ambito di utilizzo, e che quindi trascinano con sé un set informativo vario e differenziato. Tra questi troviamo, oltre a l’IFC, il COBie (Construction Operations Building Information Exchange), maggiormente legato all’ambito del Facility Management.

A livello concettuale tutto funziona senza intoppi, basta prevedere l’export in un formato file predefinito e il problema è risolto.

Nella realtà dei fatti la situazione è ben più complicata.

Quello che noi osserviamo è il prodotto finito, ma il codice che a livello informatico va a descrivere il singolo oggetto può essere scritto con linguaggi e logiche che variano molto da un software all’altro e che potrebbero generare un risultato molto differente oppure totalmente non leggibile da un diverso software.

L’IFC è uno dei formati aperti sviluppati nel framework di OpenBIM, nonché la spina dorsale dell’intero schema di scambio delle informazioni.

BIMvision - Visualizzatore IFC gratuito
BIMvision – Visualizzatore IFC gratuito

La potenza del linguaggio IFC si trova nella sua capacità di standardizzare e codificare univocamente in maniera gerarchica le seguenti componenti di un modello BIM:

  • identità e semantica, ovvero il riconoscimento dell’oggetto in maniera meccanica tramite un identificativo univoco che ne riassume il nome, il tipo di oggetto e la sua funzione
  • caratteristiche e attributi, ad esempio le informazioni sui materiali e l’intero set di proprietà fisiche, chimiche e termiche, nonché le informazioni legate al colore
  • relazioni in essere (in termini di posizionamento, collegamenti/connessioni ecc.):
    • tra i diversi oggetti che compongono il modello, come travi e colonne in sistemi strutturali a telaio
    • tra i concetti astratti, come le attività di analisi attuabili attraverso il modello BIM (performance, costi, funzionamento impianti)
    • tra i processi (ad esempio attività manutentive oppure installazione dei componenti)
    • tra gli stakeholder che collaborano all’interno del progetto.
IFC - Schema concettuale
IFC – Schema concettuale

Il risultato finale dell’IFC è quello di poter trasmettere (e archiviare) il modello informativo mantenendo intatte le logiche e le informazioni geometrico-documentali a esso connesse. Perché ciò avvenga, è necessario avere una sorta di “dizionario” che consenta la traduzione di ognuno degli aspetti sopra descritti nella corretta codifica leggibile a qualsiasi software compatibile.

Molto spesso viene dato per scontato, ma un programma di modellazione tridimensionale non è considerabile un software di BIM Authoring, se si trova privo della capacità di import/export dei file in formato IFC, la cui operatività sia stata verificata da BuildingSMART.

L’elenco completo dei software rispondenti a tale caratteristica è consultabile sul sito di BuildingSMART.

L’IFC nella sostanza

Il tentativo di uniformare la trasmissione dei dati, attraverso l’utilizzo di un formato aperto, trova la sua origine negli anni ‘90, come evoluzione indipendente del formato di data exchange STEP (.stp), sviluppato e implementato dall’ISO – International Standard Organization.

L’evoluzione dello schema dati ha aggiunto negli anni molteplici gradi di complessità alla sua strutturazione gerarchica basata sul modello entity-relationship, al fine fornire una trasposizione dei dati che conservi inalterate un numero sempre maggiore di informazioni e le conseguenti relazioni.

Attualmente, le versioni di uso corrente sono:

  • IFC 2×2, in mancanza di un software che supporti le versioni più aggiornate può essere utilizzata questa versione. Si tratta di un formato ormai superato dalla maggioranza dei software presenti sul mercato.
  • IFC 2×3, formato certificato e attualmente più diffuso in quanto maggiormente stabile e affidabile per le casistiche di utilizzo in attività di coordinazione.
  • IFC 4, ultima versione rilasciata e in corso di perfezionamento.

Le versioni sopra descritte sono frutto delle evoluzioni implementate nelle attività di ricerca e sviluppo nel corso degli anni e di cui andiamo di seguito ad illustrare le milestone principali.

Le MVD – Model View Definition

All’interno del formato IFC è possibile definire la tipologia di informazioni specifiche da allegare nello scambio informativo, andando a selezionare una determinata “Model View Definition (MVD)”, ovvero la definizione del modello di vista.

Ciò consente di filtrare le informazioni secondo un discriminante legato all’ambito di utilizzo del modello informativo che si intende condividere. Tali MVD sono state perfezionate coerentemente con l’ampliamento delle potenzialità aggiunte dalle innovazioni introdotte nelle versioni più recenti.

I Model View Definition disponibili sono svariati e specifici della singola emissione IFC. L’intero database è disponibile per la consultazione nell’apposita sezione della pagina web di buildingSMART, dove, oltre a venire descritta la finalità, è possibile verificarne lo status di sviluppo.

Infatti, come il formato stesso, anche i MVD sono in continua elaborazione e miglioramento e vengono quindi elencate le versioni in bozza e le proposte di sviluppo avanzate dai differenti tavoli di lavoro.

Schema IFC e MVD

Riassumiamo qui di seguito i principali utilizzati per la singola versione file di riferimento.

IFC 2×3

  • Coordination View Version 2.0: conosciuta come CV 2.0, consente l’export del modello ottimizzata per lo scambio informativo dei modelli ai fini del coordinamento interdisciplinare.
  • COBie 2.4 Design Deliverable: l’output generato nell’esportazione di questo MVD è equiparabile al COBie (Construction Operations Building Information Exchange), in quanto destinato all’utilizzo in fase di Facility Management.

L’emissione dell’IFC nella versione 2×3 è frutto di un ventennio di attività di ricerca e sviluppo da parte di tavoli di discussione internazionali.
Il lungo e minuzioso lavoro alla base della release si riscontra anche nella denominazione scelta: infatti, IFC 2×3 risulta l’abbreviativo di IFC versione 2, edizione 3.
Traspare quindi come l’intero processo costitutivo del linguaggio sia in costante divenire, la continua evoluzione si mantiene al passo con le nuove capacità descrittive degli strumenti software a disposizione nonché si estende contestualmente alla diffusione stessa del BIM trasversalmente l’AEC Industry.

IFC 4

  • Model Reference View: semplificazione della vista di modello ai fini del suo utilizzo come riferimento per la modellazione in altre discipline e per le attività di coordinamento.
    L’output generato in questo modello di vista non è modificabile in quanto il suo utilizzo è esclusivamente basato sull’essere un riferimento geometrico-spaziale.
  • Design Transfer View: sono ancora molte le MVD in fase di bozza per la versione IFC 4, e il presente modello rientra tra queste.
    La particolarità introdotta ex novo è la rappresentazione geometrico-relazionale avanzata dei componenti fisici/spaziali del modello, trasferibili tra differenti software di modellazione e potenzialmente modificabili.
    Ciò presuppone un’accurata attività di pianificazione dell’esportazione secondo le specifiche del singolo tool di modellazione affinché l’output risulti compatibile al software di destinazione.

Nel 2013 è avvenuto il rilascio dell’edizione 4, il cui nome si è scelto di semplificare in IFC 4. Tale aggiornamento porta numerose novità.
Innanzitutto, l’edizione 4 contiene il data set che consente l’utilizzo dei modelli in attività legate agli ambiti del 4D e 5D BIM, oltre che l’implementazione per analisi di performance energetica e ambientale.
Vengono inoltre aggiunti numerosi elementi allo schema degli elementi IFC e risulta ora possibile mappare il design di un edificio all’interno di un sistema GIS e viceversa.

Uno dei maggiori avanzamenti della release IFC 4 è però rappresentata dall’implementazione della descrizione geometrica degli elementi, arrivando a supportare la B.rep o Boundary representation (rappresentazione vettoriale di un solido per mezzo primariamente dei suoi vertici e spigoli, con una generazione secondaria delle superfici) e le NURBSNon Uniform Rational Basis-Splines, ovvero superfici geometriche curve descritte da una rappresentazione matematica e solitamente utilizzate per descrivere geometrie free-form.

Il beneficio principale, rispetto all’interpretazione delle superfici solo tramite mesh della precedente versione, è quello di semplificare le forme e contestualmente diminuire la dimensione dei file.

Attualmente la versione IFC 4 continua a evolvere con continui aggiornamenti: l’inclusione di categorie di oggetti legate all’ambito infrastrutturale quali ponti, strade, ferrovie, porti e aeroporti (precedentemente non supportare) permette di allargare lo schema di scambio informativo su scale di progetto precedentemente impensabili (come le grandi opere civili) e consente così l’interoperabilità di un maggior numero di software settoriali specifici.

Tutti questi dati sono in genere codificati su uno dei tre formati disponibili:

  • .ifc: formato di file predefinito basato sullo standard ISO-STEP
  • .ifcxml: codifica basata sul linguaggio XML
  • .ifczip: archivio compresso di uno di questi formati, che possono contenere anche materiale aggiuntivo, come PDF o immagini

I limiti attuali dell’utilizzo dell’IFC

Il limite nell’utilizzo dei formati IFC è riscontrato soprattutto al momento dell’import dei file: software molto diversi tra loro come architettura avranno un’interpretazione delle informazioni rilevate all’interno del file IFC non necessariamente identiche.
È stata riscontrata frequentemente la mancanza di completa sovrapposizione degli elementi alla lettura eseguita tramite un’altra tipologia di software.
Considerando poi la continua implementazione del numero di oggetti e definizioni, a oggi non tutto ciò che è rappresentabile tramite i software di BIM Authoring è possibile poi rilevare in forma corretta all’export in IFC.

La strada di fronte a noi è ancora lunga, non ci resta che attendere la release IFC 5 annunciata per il prossimo futuro e sperare che il duro lavoro di BuildingSMART porti a un’edizione del formato che sia maggiormente fruibile nelle attività quotidiane dai progettisti a livello non solo di visualizzazione e consultazione, ma anche sul piano pratico-operativo dove, al momento, si riscontrano le maggiori difficoltà di applicazione.

L’IFC e la normativa internazionale

Vien da sé che ogni potenzialità dell’utilizzo dei formati aperti di interscambio viene a mancare nel momento in cui non vi sia una chiara regolamentazione in materia. Poiché ai fini pratici l’esportazione dei file in IFC è legata al flusso di lavoro specifico, è possibile utilizzare i sottoinsiemi dello schema IFC chiamati “MDV – Definizione delle vista di un modello” al fine di restringere il livello di dettaglio o esportare porzioni specifiche del modello in base alla necessità puntuale, andando a creare un filtro esigenziale nei confronti delle informazioni da esportare.

Se da un lato ciò consente di “alleggerire” il peso dei file e quindi migliorare le capacità di lettura, risulta chiaro che nell’ambito di un progetto che coinvolge numerosi professionisti il mancato allineamento sui requisiti di scambio informativo può dar adito a pericolose perdite di dati, con conseguente subentro di problematiche non solo a livello progettuale ma può soprattutto sfociare in contenziosi di tipo contrattuale.

Per ovviare a questa problematica, è possibile far riferimento alla normativa internazionale “ISO 16739-1:2020 – Industry Foundation Classes (IFC) per la condivisione dei dati nell’industria delle costruzioni e del Facility Management – Parte 1: Schema di dati.”

Questa normativa regolamenta lo scambio dei dati, esprimendo gli schemi cui fare riferimento, congiuntamente al glossario specifico a esso collegato.
L’adesione ai dettami della norma consente ai professionisti di avere una guida formale circa le relazioni che intercorrono tra modelli e IFC, nonché permette di avere a livello contrattuale (ad esempio in un Capitolato Informativo) la possibilità di esprimere attraverso la nomenclatura appropriata le necessità informative da trasmettere alla consegna dell’elaborato in formato IFC.

Per approfondire il tema dell’IFC e conoscere l’architettura del formato, le relazioni tra gli oggetti e le modalità di visualizzazione pubblicheremo nelle prossime settimane altri interessanti articoli sul tema! Seguici sulla nostra pagina Linkedin per rimanere aggiornato sulle prossime pubblicazioni.

In sintesi

Il formato IFC si trova in un rapporto di amore-odio con i professionisti del settore: sebbene le potenzialità che offre l’uso di un formato aperto riconosciuto a livello internazionale siano indiscutibili, ad oggi la sua applicazione risulta alquanto difficoltosa.
L’IFC tenta di racchiudere in uno schema logico prefissato un contesto, quale il settore delle costruzioni, che è rappresentato da un grado di complessità maggiore di quanto sia al momento possibile sbrogliare per via informatica.

Al tempo stesso, però, parte del problema è rappresentato dalla platea degli utenti dell’IFC che molto spesso non hanno la sufficiente familiarità per farne un utilizzo corretto, come potrebbe essere la scelta della Model View Definition adatta per l’esportazione di un determinato file.

Sicuramente una maggiore consapevolezza della tematica va diffusa tra i progettisti, principali destinatari dei benefici dell’IFC, ma a ciò va aggiunto un voto di fiducia verso BuildingSMART che dal 1994 è al lavoro per fornire al settore delle costruzioni degli strumenti vendor-free che consentano ad ogni progettista di poter lavorare senza essere costantemente legati a innumerevoli licenze software diverse.